Ansia: ma perchè?

Dott.ssa Anna Bernardi

Disturbi d'ansia: vediamo un uomo che si tiene il viso con le mani

Come si manifesta

L’ansia è una sensazione che tutti conoscono perché presente nella vita di ognuno.

Chi non ha mai provato un prolungato stato di preoccupazione, un diffuso senso di inquietudine per problemi ed eventi inevitabilmente legati al vivere quotidiano?

Di fronte a questi stati d’animo sono innumerevoli i tentativi per attenuarli ricorrendo alle risorse di cui si dispone. Ma può accadere che al di là di ogni strategia messa in atto l’ansia perduri, si trasformi in un continuo stato di apprensione, indefinito, confuso  spesso  accompagnato da dolori al petto, respiro corto,  tachicardia o da svariati altri sintomi somatici con diversi livelli di intensità. Sembra di vivere in una anticipazione dolorosa e pessimistica di eventi futuri. È questa una delle connotazioni specifiche dell’ansia: l’incognita su ciò che di minaccioso potrebbe accadere e che non si sarebbe in grado di sostenere.

La persona che è affetta da ansia comincia anche a sentire la preoccupazione reale o immaginaria di poter riprovare le stesse spiacevoli sensazioni già sperimentate e di pensare che quel qualcosa di allarmante, da cui si vorrebbe rifuggire, si ripresenterà in contesti imbarazzanti e non protetti. Tutto ciò, oltre a compromettere la propria percezione di sé, finisce con l’ingigantire i propri timori e ad alimentare il circolo vizioso della “paura della paura” che porta all’assunzione di comportamenti tali da evitare ogni possibile fonte di pericolo.

A livello cosciente si arriva a percepire che qualcosa nel modo consueto di collocare situazioni ed aspettative altrui sembra non funzionare più, oppure si può arrivare anche a razionalizzare che forse ci si sente stretti  in eventi che si rivelano oppressivi. Ma ogni tentativo di spiegazione sembra non generare sollievo all’ansia in quanto non si riesce comunque a fronteggiarne le manifestazioni. Da qui uno stato di impotenza e di fragilità.

La ricerca di significato

Ricorrere alla ragione, a ciò che è cosciente, non serve.

Nell’ansia a parlare è l’inconscio che assoggetta a un gioco tra forze che tirano in direzioni opposte. È presente un conflitto: ciò che è stato rimosso (un desiderio, un’emozione, un sentimento)  preme per tornare alla coscienza e assume le sembianze del sintomo, di segnale della presenza di un pericolo: bisogna impedire che qualcosa percepito come rischioso o peggio dannoso torni alla coscienza.

Trattando di ansia occorre sempre considerare la centralità dei processi psichici inconsci ma è altresì importante conoscere la gerarchia evolutiva concettualizzata in psicologia dinamica in cui vengono distinte forme lievi e forme complesse di ansia ciascuna delle quali sottende domande e problematiche specifiche.

Soffermandoci sul tipo di ansia considerata più matura, detta super-egoica,  potremmo collegare lo stato ansioso all’immagine che la persona ha di sé. A livello inconscio ci troviamo di fronte a pressanti interrogativi.

Come mi vedono gli altri? Cosa si aspettano che io sia, faccia, dica? Quanto conto per gli altri?

L’ansia in questo caso sta veicolando un particolare significato: il non  sapere chi sono e l’incertezza nell’incontro con l’altro. Oppure al contrario si può percepire con sicurezza non solo di essere guardati e giudicati in un certo modo,  ma anche di conoscere cosa gli altri si attendano da noi. Da qui la sensazione di oppressione verso qualcosa che si vive come imposto,  schiacciante e che  non permette di essere più padroni di se stessi.

È evidente che liberarsi dell’ansia, da quella soffocante sensazione che le cose sfuggano e prendano il sopravvento  diventa l’obiettivo prioritario per che ne soffre, ma nello stesso tempo è importante leggere queste manifestazioni come un invito ad esplorare ciò che sta avvenendo dentro e fuori di noi.